giovedì 28 maggio 2009

lunedì 25 maggio 2009

Speciale Parlamento europeo - CONCLUSIONI

Negli ultimi anni si è fatto più ampio il dibattito sullo sviluppo istituzionale dell’Unione europea e sui problemi legati al suo deficit democratico, in particolare sul tema del rafforzamento del Parlamento europeo e della nascita di europartiti, quale condizione necessaria per il coinvolgimento dei cittadini nella vita politica dell’Unione. In tale sede ci è cercato di evidenziare diversi elementi che lo compongono:

1. A livello europeo i partiti politici sono presenti in tre differenziate forme: gruppi del Parlamento europeo, federazioni transnazionali e partiti nazionali. Nell’analisi del sistema partitico del Parlamento europeo si è visto che i gruppi parlamentari hanno avuto uno sviluppo positivo, come dimostra la loro inclusività e la loro coesione, e hanno mantenuto un ruolo di primo piano rispetto alle federazioni, le quali dovrebbero funzionare come canali primari di un’integrazione partitica sempre più stretta e di un collegamento diretto con la società civile. I gruppi parlamentari, però, hanno quale principale funzione quella di assicurare il collegamento tra il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali; il compito di creare un “sentire comune”, attraverso un rapporto diretto con i cittadini, che dovrebbe spettare alle federazioni, ha trovato, invece, quali attori principali i partiti nazionali, i quali hanno incentrato il dibattito politico su questioni di carattere prevalentemente interno. Stando così le cose, i cittadini non vengono coinvolti nel dibattito politico comunitario e vedono nell’Unione una costruzione distante e poco comprensibile. In generale, quindi, la difficoltosa evoluzione delle federazioni transnazionali si spiega anche con la mancanza di una “domanda di Europa” da parte della base. Consapevoli di ciò, i partiti nazionali, che costituiscono la base delle federazioni, ritengono più utile rappresentare i loro elettorati direttamente attraverso i propri esponenti (i ministri) anche a livello europeo e non si impegnano, di conseguenza, nel rafforzamento delle federazioni stesse. Allo stato delle cose, tale atteggiamento costituisce il maggiore ostacolo allo sviluppo di europartiti capaci di svolgere efficacemente la funzione di rappresentanza a livello europeo.

2. Nell’analizzare il sistema partitico europeo, a causa delle particolarità della costruzione comunitaria nel suo complesso, il tentativo di confronto con il livello nazionale ha offerto buoni spunti di riflessione, ma ha anche evidenziato come la possibilità di comparazione tra i due diversi livelli risulti più o meno idonea a seconda degli aspetti dei quali si effettua il confronto. Infatti, di fronte all’originalità di un’Assemblea priva di poteri deliberanti di un certo rilievo e di fronte ad un esecutivo bicefalo, (Commissione e Consiglio) sembra corretto accogliere con estrema cautela ogni caratterizzazione degli organi comunitari a partire dagli schemi statuali. Ad ogni modo, se si confronta la collocazione del Parlamento europeo nell’impianto comunitario con il ruolo centrale esercitato, per esempio, dal Parlamento italiano, si deve ammettere una notevolissima distanza tra i due organi. Se si paragona, invece, il Parlamento europeo con il parlamento britannico, dominato ed orientato in gran parte dal Gabinetto, vero centro del sistema costituzionale, la distanza tra gli organi, almeno sotto questo profilo, si riduce visibilmente.
Un ulteriore aspetto interessante che è emerso da questa analisi è costituito dalla cosiddetta “unitarietà” dell’ Assemblea europea rispetto a quelle nazionali: essa è dovuta, in linea di massima, all’inesistenza di precostituite maggioranze ed opposizioni parlamentari. Nelle forme di governo parlamentari, invece, caratterizzate da uno stretto collegamento tra potere esecutivo e potere legislativo, il Parlamento non si mostra quale organo omogeneo e unitario, bensì si scompone in maggioranze che sostengono il governo e opposizioni che lavorano per la sua alternativa. Al contrario, nella forma di governo degli Stati Uniti d’America, il Congresso è in un rapporto di netta separazione con il Presidente, tanto che, pur in presenza di maggioranze e minoranze parlamentari, si esprime spesso unitariamente, tendendo a contrapporsi in toto nella difesa delle proprie prerogative. Anche nel sistema comunitario il rapporto tra Consiglio e Parlamento è di totale separazione, anzi spesso di assoluto contrasto, per cui l’organo parlamentare tende ad esprimersi a grandissima maggioranza, caratterizzandosi prevalentemente quale organo di opposizione.

3. In seguito, l’analisi del sistema politico comunitario non poteva prescindere da alcune considerazioni sul sistema elettorale, limitatamente al problema dell’uniformità della procedura e alla scelta del sistema proporzionale. Trattandosi di principi costituzionali fondamentali, e consapevoli che una totale armonizzazione delle singole discipline sia, di fatto, impossibile, appare giustificato definire il problema dell’uniformità un problema non drammatico. Per quanto riguarda la scelta del proporzionale, si può arrivare alla conclusione che le considerazioni solitamente addotte a favore del sistema maggioritario, sintetizzabili in una più diretta responsabilità degli eletti nei confronti degli elettori e nella maggiore facilità di formazione delle maggioranze di governo, data la particolare natura del Parlamento europeo, non sono ad esso estensibili. Tali vantaggi sono, infatti, reali negli ordinamenti in cui il potere esecutivo è diretta emanazione dei parlamenti, ma sono irrilevanti nell’ambito del sistema comunitario, ove il Parlamento europeo riveste soltanto un ruolo di legittimazione, di rappresentanza, di controllo e di sintesi politica delle istanze statali. Non esistendo un governo che sia responsabile di fronte al Parlamento e che debba quindi essere sostenuto da consistenti e valide maggioranze, va scartata, almeno nel breve periodo, qualsiasi ipotesi maggioritaria. Al contrario, la scelta del sistema proporzionale, fondato su circoscrizioni plurinominali, dovrebbe assegnare un ruolo preponderante, attivo e di collegamento ai partiti, agevolando, per tal via, l’instaurazione di legami extrastatuali tra le correnti politiche omogenee presenti in Europa.

4. Del resto, se è indubbio che il Parlamento europeo possa, nelle condizioni attuali, rafforzare il proprio ruolo solo promuovendo lo sviluppo delle federazioni, è altrettanto vero che queste, per ottenere una certa autonomia dalle rispettive componenti nazionali, debbano necessariamente lavorare per il rafforzamento dell’istituzione parlamentare, in particolare facendo in modo che essa possa assumere un rilievo decisionale importante. Tutto questo, come evidenziato più volte, è dovuto al fatto che il cammino dell’integrazione europea è sempre stato segnato da una dicotomia di prospettive, tradizionalmente individuate nella contrapposizione fra metodo comunitario e metodo intergovernativo. Nella prospettiva propria del metodo intergovernativo, l’Unione appare come un sistema che non può andare al di là di un certo grado di integrazione e che è caratterizzato da una forte capacità di espansione territoriale, con procedure e modalità di azione tanto garantiste nei confronti dei suoi membri, quanto flessibili e mutevoli nei confronti dei problemi e delle strategie di volta in volta iscritte nell’agenda politica. Il metodo comunitario postula, invece, una tensione ad un ordinamento fortemente strutturato e coeso, capace di sviluppare forme durature di identificazione collettiva, ma proprio per questo non facilmente conciliabile con una politica di ampliamento crescente della struttura interna e delle prospettive esterne. Nella prospettiva intergovernativa, la legittimazione democratica dell’ Unione avviene tramite la legittimazione dei soggetti decisori degli Stati membri: il circuito comunitario non ha, di conseguenza, ruolo e spazio sufficienti, né dal punto di vista politico né dal punto di vista istituzionale, per giustificare ed incentivare il formarsi di un sistema politico europeo fortemente incentrato intorno a partiti di dimensione continentale. Infatti, fino a che l’agenda delle decisioni politiche dell’Unione è saldamente nelle mani degli Stati, è chiaro che la legittimazione politica poggia su di essi e quindi, in ultima analisi, sui circuiti politico-partitici nazionali. Al contrario, nella prospettiva di un forte potenziamento del metodo comunitario corretto, che comporti anche un effettivo e concreto spostamento del potere decisionale dagli Stati al complesso Parlamento-Commissione, è necessario ed inevitabile il formarsi di un forte sistema di partiti a dimensione europea.

5. Posto in questi termini, il problema vero di fronte al quale ci si trova, non è solo che il Parlamento europeo non esce dai lavori della Convenzione sufficientemente rafforzato o che la nuova normativa sullo statuto e il finanziamento dei partiti politici a livello europeo non distacca adeguatamente questi ultimi dalla dimensione parlamentare e dal collegamento con i partiti nazionali. La questione vera è che, ancora una volta, l’Unione si dota di istituzioni e di strutture ispirate alla convivenza e alla ricerca di un difficile quanto impossibile equilibrio fra due prospettive diverse, se non opposte. Il Regolamento n. 2004/2003 sembra, del resto, risentire di questa logica: pur con tutti i dubbi sulla sua sostanza, compie un passo avanti nella definizione di uno spazio di azione autonomo per i partiti, prevedendo un finanziamento a carico del bilancio del Parlamento europeo, ma si mostra deficitario sotto il profilo dell’organizzazione interna e delle relazioni esterne dei partiti. In particolare, non sono disciplinate tematiche quali le modalità di iscrizione dei cittadini ai partiti europei, il rapporto tra gli iscritti e gli organismi dirigenti dei partiti stessi, le competenze degli organi centrali e di quelli periferici, i criteri di tale ripartizione o l’indicazione degli organi disciplinari interni, che sono tipiche di uno statuto. È da rilevare, inoltre, che la previsione di ampi poteri di controllo e verifica delle condizioni per l’accesso al finanziamento in capo al Parlamento contribuisce a mantenere le federazioni in una posizione subordinata rispetto alle loro componenti nazionali e ai gruppi parlamentari: questi ultimi diventano, di fatto, i supervisori della gestione dei fondi per il finanziamento dei partiti.

6. In conclusione, sembra corretto affermare che nell’idea di Unione ispirata alla logica intergovernativa, non vi è uno spazio effettivo e strutturato per il formarsi di forti partiti portatori di temi politici di dimensione europea. Nella prospettiva di carattere comunitario avviene esattamente il contrario: il rapido formarsi di un autonomo sistema di partiti europei è non solo possibile, ma necessario, anzi sostanzialmente indispensabile, al corretto funzionamento del sistema complessivo. Da questo punto di vista, la prospettiva che, nell’analizzare le strategie di costruzione dei partiti europei, privilegia il dato politico rispetto all’evoluzione giuridico-istituzionale appare la più corretta, dal momento che essa, nel ricercare il collante che possa innescare la costruzione di tale sistema, non si limita a richiamare l’attenzione sulla necessità di un progetto politico comune e condiviso per l’Europa, ma sottolinea anche, e in particolare, la necessità di un’idea comune e condivisa di Europa. In altri termini, per promuovere il formarsi di un sistema politico e partitico a dimensione europea non basta puntare a definire politiche comuni, ma occorre che esso si fondi su una medesima idea di Europa e metta al centro dell’azione comune questa idea. Le politiche europee possono, e anzi necessariamente devono, essere diverse, dal momento che il sistema stesso non può prescindere dal pluralismo dei partiti e dalla articolazione degli schieramenti; l’idea di fondo, però, e il progetto storico sul quale fondare il funzionamento del sistema politico deve essere comune e comunemente condivisa. Avere una medesima idea di Europa significa riuscire a superare l’ottica e la dimensione nazionale per collocare l’iniziativa politica stessa a un livello più alto del processo di integrazione. Tutto ciò sarà difficile da realizzare fino a quando i partiti nazionali potranno giovarsi del canale diretto di rappresentanza degli interessi dei cittadini, costituito dal circuito istituzionale intergovernativo, e continueranno a sostituirsi alle federazioni nel collegamento tra società civile e istituzioni europee.
La speranza è che anche il dibattito in corso sul Trattato costituzionale, sui suoi limiti e sugli sviluppi futuri, unitamente all’aggravarsi dello scenario politico mondiale, possa finalmente chiarire che non basta dare all’Europa regole e istituzioni se non si dà ad essa, insieme al corpo, anche un’anima. Il giorno in cui l’Unione avrà davvero “un’anima”, ci sarà spazio per un moderno e strutturato sistema politico realmente democratico, basato su partiti capaci di essere l’anima di quella stessa democrazia.

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venerdì 1 maggio 2009

Una Repubblica fondata sul lavoro

La disoccupazione cresce fino a livelli record, ma intanto il governo continua a finanziare le banche e i furbetti che hanno sulle spalle la colpa dell'impoverimento sociale. Berlusconi dice che la crisi è passata e che basta avere fiducia, ma il peggio sembra proprio che debba ancora arrivare. Mentre l'opposizione - o quel che ne rimane - non è assolutamente in grado di proporre una visione alternativa, a rimetterci sono sempre i cittadini, soprattutto i giovani.



* vignetta di Marco Viviani