mercoledì 20 agosto 2008

Inaccettabile democrazia

"È inaccettabile che in una democrazia un uomo che ha il monopolio dell'informazione televisiva si candidi a guidare il paese per cinque volte di seguito in quattordici anni – ma lo sarebbe anche se fosse una volta sola. Chi ricorda che questo è inaccettabile per una democrazia, passa per persona noiosa, ovvia, che dice cose grossolane. Ma non è grossolano dire queste cose, è grossolana la realtà italiana: da una parte autodistruttività, dall'altra letargo. Però trovo più grave il fatto che in Italia non esista un'opinione pubblica. Sarei e sono con quel governo (dal 1996 al 2001) che aveva una maggioranza solida ma non ha fatto una legge sul conflitto di interessi. In paesi in cui esiste l'opinione pubblica, con giornali indipendenti che la formano, uno condannato per corruzione dalla magistratura in primo, secondo e terzo grado, sarebbe stato punito dall'opinione pubblica. Ma da noi non c'è memoria".

Nanni Moretti a Locarno, il 13 agosto 2008

lunedì 18 agosto 2008

Tunisia: le prospettive politiche per il 2009 e le conferme nel settore economico

Anche se manca ancora un anno e mezzo alle prossime elezioni presidenziali, il contesto politico tunisino mostra già i primi fermenti pre-elettorali. I partiti d'opposizione stanno cominciando a presentare le proprie candidature per offrire una valida alternativa all'attuale dirigenza cercando di dare concretezza ad un multipartitismo che stenta ancora ad affermarsi. Sul piano economico, si prevede la realizzazione di grandi progetti. Per confermare il trend positivo dell'economia degli ultimi anni, Tunisi sta concentrando la propria attenzione, a livello internazionale, sul consolidamento dei rapporti con l'Unione Europea e, su quello nazionale, sulla diversificazione e sull'implementazione del settore energetico, che, tra l'altro, attira numerosi investimenti esteri contribuendo allo sviluppo economico del paese.

I fermenti politici e l'emendamento costituzionale - Pur essendo formalmente una democrazia multipartitica, da più di vent'anni la Tunisia è sotto la guida di un unico partito il cui leader è l'attuale presidente, Zine el-Abidine Ben Alì. Il mandato del Capo di Stato scadrà nel 2009 ma, alla fine dello scorso febbraio, già alcuni esponenti dell'opposizione hanno reso noto che durante la prossima competizione elettorale parteciperanno attivamente per riuscire ad emergere ed offrire un'alternativa. Nejib Chebbi, fondatore del Partito Democratico Progressista (PDP-opposizione radicale), è stato il primo ad annunciare la propria candidatura, anticipando i suoi omologhi ancora impegnati ad organizzare le convention per scegliere i propri candidati alla presidenza, dimostrando ancora una volta come una delle cause della definitiva affermazione del multipartitismo sia da attribuire alla poca organizzazione dei partiti d'opposizione, anche a prescindere dall'influenza del presidente. Per quanto riguarda il partito di maggioranza, il Raggruppamento Costituzionale Democratico (RCD), è in campagna elettorale già dalla fine del 2006, e i suoi membri continuano ad esortare il presidente a presentare la sua quinta candidatura e garantire così continuità politica e di governo al paese. Pur avendo abolito la presidenza a vita, Ben Alì esercita un forte ascendente sulla società tunisina che non ha mai avuto molta familiarità con il sistema pluralista, e forte di ciò non sarebbe una novità se ancora una volta vincesse le elezioni. I plebisciti con cui Ben Alì è riuscito a mantenersi al potere potranno ancora ripetersi durante questa tornata elettorale, anche se adesso l'opposizione sembra voler emergere ed è probabile che la competizione possa farsi più attiva. Nelle prime settimane di marzo il presidente ha annunciato un progetto di emendamento costituzionale che, in teoria, dovrebbe facilitare l'ingresso nella competizione elettorale dei partiti d'opposizione, ma che in realtà ha creato non poche polemiche, soprattutto perchè sembra che questa modifica sia stata creata appositamente per intralciare la candidatura di Chebbi, con cui i rapporti non sono mai stati idilliaci e che ha sempre rappresentato un forte avversario politico del presidente. L'eventuale emendamento alla Costituzione prevederebbe il deposito della candidatura presidenziale solo da parte del “presidente, segretario generale o primo segretario del proprio partito, che deve essere stato eletto per quella funzione e, che al momento della presentazione della candidatura, eserciti la carica da più di due anni consecutivi”. Questo escluderebbe a priori Chebbi che, nel 2006, ha abbandonato la guida del suo gruppo politico a favore di Maya Jribi, e che quindi adesso risulta l'unica legittimata a presentare la propria candidatura. Anche se la modifica della Costituzione consente la partecipazione alle elezioni dei leader degli otto partiti d'opposizione, è stata comunque considerata antidemocratica. Questo non è il primo emendamento costituzionale che viene realizzato ad hoc dal presidente per cercare di mantenersi al potere o neutralizzare i propri rivali.
Non stupisce, dunque, che nonostante Ben Alì possa contare su un gran numero di supporter politici, l'opposizione scateni forti polemiche che mirano a creare dei cambiamenti all'interno della politica tunisina. Questa fino ad ora è stata caratterizzata dalla predominanza di un unico partito di maggioranza che, malgrado abbia dimostrato di saper mantenere una certa stabilità politica, forte della propria posizione, ha guidato il paese in quasi totale autonomia, senza creare un dialogo costruttivo tra maggioranza e opposizione e frenando le potenzialità di un reale pluralismo.

I rapporti con l'Unione Europea - Nell'ultimo ventennio di presidenza Ben Alì, l'economia tunisina ha raggiunto notevoli risultati e importanti livelli di crescita, mantenendo un trend positivo che ha permesso alla Tunisia di giocare un ruolo di spicco tra i paesi del Magreb. Uno degli obiettivi più importanti è stato raggiunto con la conclusione degli accordi con l'Unione Europea e l'entrata ufficiale della Tunisia nella zona di libero scambio dal primo gennaio 2008, dopo circa quarant'anni di cooperazione economica e politica tra le due parti, iniziati per incentivare una politica commerciale tunisina sempre più vicina a quella occidentale. Se da una parte il partenariato con l'Unione Europea ha portato molteplici vantaggi, è anche vero che la Tunisia ha dovuto sostenere notevoli sforzi per uniformarsi alle direttive imposte dall'Unione, la quale ha richiesto il rispetto di determinati parametri che la Tunisia ha dovuto soddisfare per portare a termine il partenariato. La zona di libero scambio era vista con scetticismo da alcuni economisti tunisini, che vi avevano individuato più svantaggi che benefici. Anche se il tempo ha premiato la cooperazione, non è da negare che esista una certa dipendenza dall'Unione Europea.

I programmi di diversificazione energetica - Per quanto riguarda il settore energetico, la Tunisia è un importatore netto di petrolio e gas. La sua produzione è notevolmente inferiore a quelle degli altri Paesi del Magreb (la Tunisia è il 55mo produttore di petrolio al mondo, con 78.000 barili prodotti quotidianamente). Le limitate capacità produttive e i rischi legati all'instabilità del mercato petrolifero, hanno costretto il governo a indirizzarsi verso altri tipi di fonte di energia che possano comunque dare spazio allo sviluppo industriale e allo stesso tempo garantiscano una sicurezza per la popolazione, soprattutto nel momento in cui le riserve petrolifere diventeranno più scarse. Tunisi ha deciso di attuare delle misure preventive e allargare le potenzialità delle numerose risorse energetiche di cui il paese è in grado di disporre. Tra i punti ritenuti fondamentali da concludere entro il 2016 ci sono l'utilizzo del gas naturale al posto del greggio o del GPL nel funzionamento delle centrali elettriche; l'utilizzo delle cosiddette “energie alternative e rinnovabili” e cioè quella eolica, quella solare e, in un secondo momento, quella nucleare; il rafforzamento delle operazione di ricerca e estrazione degli idrocarburi.
La realizzazione di questa politica energetica orientata soprattutto allo sfruttamento delle risorse gasifere presenti in maggiore quantità rispetto al petrolio, ha permesso di garantire un aumento dell'erogazione di elettricità, raggiungendo il 100% nelle zone urbane e il 98% in quelle rurali. Nel corso degli ultimi anni il consumo di gas è aumentato dal 14% al 44%, apportando grossi profitti al settore industriale e privato, favorendone la crescita e garantendo anche disponibilità, sicurezza e lo sviluppo sostenibile. L'utilizzo del gas comunque rappresenta solo una parte del progetto di diversificazione energetica della Tunisia, che come ultimo traguardo, oltre allo sviluppo dell'energia eolica e solare, guarda al nucleare come risorsa cruciale nel lungo periodo.
L'economia tunisina continua a crescere, con ritmi del 5-6%, cou tasso d'inflazione attorno al 4%, rappresentando un esempio nel panorama maghebino. Recentemente, il presidente Ben Ali, conferendo con il premier Mohamed Ghannouchi, ha insistito sul rafforzamento della competitività economica, puntando anche sul rilancio dell'agricoltura e del turismo, investendo sul miglioramento delle infrastrutture, con il fine di migliorare la qualità delle imprese nazionali e ottenenere certificazioni internazionali per quanto concerne le procedure relative al commercio estero.

Conclusioni - I risultati raggiunti nell'economia e il mantenimento della stabilità politica garantiscono al presidente Ben Alì di continuare a godere del supporto popolare. Gli sviluppi politici mostrano il tentativo da parte dell'opposizione di formare un fronte, se non compatto, almeno competitivo e credibile in vista delle prossime elezioni previste per il 2009. L'ultimo emendamento costituzionale proposto dal governo rappresenta una conferma di come l'autorità di cui dispone Ben Ali sia molto forte e, allo stesso tempo, mostra come in Tunisia lo sviluppo democratico in senso pluralistico sia ancora in fase di affermazione. La crescita industriale e i progetti di diversificazione economica, nonché il rafforzamento della partnership con l'Unione Europea rappresentano gli elementi forti su cui Ben Ali e il suo partito, il Raggruppamento Costituzionale Democratico, potranno basare la prossima campagna elettorale in vista del mantenimento del potere.

martedì 12 agosto 2008

lunedì 11 agosto 2008

L'incostituzionalità annunciata

Dopo la vicenda della cosiddetta «legge antiprecari», ossia dell'art. 21 D.l. 112/2008 sui contratti a termine, nessuno può farsi illusioni sulla volontà del governo e della Confindustria, le cui vere intenzioni sono, manifestamente, quelle di privare i lavoratori delle tutele legali e contrattuali conquistate nell'arco di quasi cento anni, ed anzitutto di una decorosa stabilità del posto di lavoro, così da ridurli ad uno stuolo di precari, esposti ad ogni ricatto, come era agli albori del movimento sindacale. Per convincersi che non si tratta di affermazioni retoriche o sbagliate basta dare un'occhiata ai provvedimenti in preparazione per l'autunno, e di cui diremo in una prossima occasione, e riflettere, ora, per un attimo, sul «colpo grosso» che governo e padronato hanno sfiorato con l'art. 21 del decreto legge sui contratti a termine, che avrebbe loro consentito, seppure per una via diversa dall'attacco frontale all'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, di privare i lavoratori italiani, in breve progresso di tempo, di ogni tutela di stabilità del posto di lavoro.

L'occasione fa il ladro - L'emendamento introdotto in sede di conversione dell'art. 21 del D.l. 112/2008 mirava, infatti a sancire che mai un contratto a termine illegittimo avrebbe potuto trasformarsi in contratto a tempo indeterminato, perché da ora in poi la illegittimità sarebbe stata sanzionata solo con un minirisarcimento monetario (tra 2,5 e 6 mensilità di retribuzione). Gravissima era anche l'ipocrisia della norma che si voleva introdurre, che non toccava formalmente i casi di illegittimità dei contratti a termine, ma eliminava o quasi, la sanzione: come dire che il furto resta un reato - per carità - ma che da oggi è punito solo con una multa di 50 euro! Il che farebbe diventare ladri anche quelli che in vita loro non si sono mai impossessati neanche di una mela. I datori di lavoro, insomma, con questa novità legislativa avrebbero assunto sempre e soltanto a termine, senza guardare tanto per il sottile, perché, alla peggio, ogni contestazione si sarebbe risolta con quattro soldi, ed anzi il lavoratore non l'avrebbe neanche cominciata, per non mettersi, «in cattiva luce» senza poter sperare in risultati concreti. Con molte peripezie, che non è qui il caso di ripercorrere, questo disastro è stato evitato, il governo Berlusconi ha patito la prima vera sconfitta, e la norma anti-precari sulla non-trasformazione dei contratti a termine illegittimi è rimasta soltanto per i giudizi in corso, che però, sono anche quelli di appello e cassazione, sicché i lavoratori che hanno già vinto in primo grado e sono stati inseriti in servizio, rischiano addirittura di essere espulsi dal posto di lavoro.

L'esempio di Poste Italiane - Tutti hanno percepito il sentore o piuttosto puzzo di incostituzionalità, per violazione del principio di eguaglianza, che emana da questa norma discriminatoria, ma per prepararsi adeguatamente a sollevare la questione di costituzionalità e sostenerla poi avanti alla Corte ci sembra opportuno ricordare che la sentenza della Corte Costituzionale del 13 ottobre 2000 n. 416 ha già affrontato una situazione molto simile. Si trattava, allora, di una norma di legge (art. 9 comma 21 D.Lgs. n. 510/1996 che vietava la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti a termine illegittimi stipulati dalle Poste Italiane prima del 30 giugno 1997. La Corte Costituzionale, seppur a malincuore, salvò la costituzionalità di questa norma, ma con argomenti che, visti «a specchio», comportano, invece, la sicura incostituzionalità dell'art. 21 D.L. 112/2008. Ritenne, allora, la Corte che l'art. 9 del D.Lgs. 510/1996 non violasse il principio di uguaglianza perché la disparità di trattamento, non era «irragionevole» in quanto si era, al tempo, ancora in una fase di passaggio, nelle Poste tra pubblico impiego ed impiego privato, ed è noto che nell'impiego pubblico i contratti a tempo illegittimi non si trasformano a tempo indeterminato, ma ciò per un motivo comprensibile e cioè per rispetto al principio costituzionale per cui, nel settore pubblico, le assunzioni devono avvenire per concorso. Da allora, però, sono passati più di dieci anni, le Poste sono da un pezzo una società per azioni, e, dunque, non vi è più nessuna giustificazione «transitoria» alla disparità di trattamento: ergo la Corte, proprio per essere fedele a se stessa deve ora pronunziare l'incostituzionalità tanto più che «beneficiari» dell'art. 21 sono tutti i datori di lavoro privati, imprese confindustriali in testa e non solo le Poste Italiane.

Un'altra discriminante - Ancora, in quella sentenza n. 416/2000 la Corte ritenne che non fossero violate le prerogative del potere giudiziario (artt. 102, 103, 104 Cost.) perché la norma non incideva sui processi in corso, in quanto tali, ma prevedeva, per le ragioni «transitorie» sopra ricordate, una sottospecie di contratti a termine con regime analogo a quello del lavoro pubblico, pur trattandosi, ormai, di rapporto di lavoro privato. Tutti coloro che avevano stipulato quei contratti prima del 30 giugno 1997 erano soggetti alla stessa regola sostanziale, seppur negativa, indipendentemente da quando avessero iniziato il processo. Con l'art. 21 D.l. 112/2008 la differenza, invece, la fa proprio l'avere o no in corso un processo alla data di entrata in vigore della legge, dimodoché, in presenza di medesimi vizi del contratto a termine, alcuni processi devono concludersi in un modo ed altri in un altro, rispettivamente senza o con reintegro nel posto di lavoro.
La discriminante, dunque, è l'essersi già rivolti alla giustizia e non la situazione sostanziale riguardante il contratto di lavoro. Anche qui, dunque, leggendo «in trasparenza» la sentenza della Corte Costituzionale n. 416/2000, ci si rende conto che la «morte», o abrogazione dell'art. 21 D.l. 112/2008 per incostituzionalità è già annunziata. Spetta, però, a noi tutti, nei nostri diversi ruoli, far sì che ciò avvenga quanto prima.

Piergiovanni Alleva, Il Manifesto, 8 agosto 2008