lunedì 11 giugno 2007

Se Israele si ostina a vivere la vita degli altri

Akiva Eldar, analista israeliano. L'articolo è tratto dal quotidiano Haaretz.

Esattamente quarant'anni fa è scattato l'ultimo giorno in cui i cittadini di Israele sono stati un popolo libero nella propria terra. Dopo quel giorno, abbiamo cominciato a pagare il prezzo di vivere la vita degli altri. Il regista tedesco Florian Henckel von Donnersmarck ha recentemente esplorato quel prezzo nel suo acclamato film «La vita degli altri» sul modus operandi della Stasi - la polizia segreta della Germania Est comunista.
La minaccia che è piombata su Israele il 4 giugno 1967 riguarda la sua stessa sopravvivenza. Ha cancellato dalle nostre coscienze l'idea che le nostre vite qui erano diverse. Quattro decadi di furtiva annessione e 20 anni di conflitto violento hanno contribuito a questa amnesia. Così, la nostra vittoria sul campo di battaglia - che doveva rendere le nostre vite migliori e più sicure - sta rendendo sia le nostre vite che quelle degli altri miserabili. Il 1966 aveva visto un capitolo importante nella breve storia di Israele. A dicembre, il governo di Levi Eshkol abolì la legge militare, che era praticata in Israele sulla base dei regolamenti del mandato britannico. Così facendo, il governo eliminò il principale ostacolo che impediva alla popolazione araba di Israele di condurre una vita normale. Sei mesi dopo, lo stesso governo decise di rendere indistinta la «linea verde», sfumando la differenza tra Israele e i territori di recente conquista. Di conseguenza, molti ebrei cominciano a considerare gli arabi di città come Baka al-Garbiyeh dalla parte israeliana della Linea verde più o meno come gli arabi di Baka al-Sharkiyeh, che erano dalla parte giordana. Ferite appena rimarginate furono riparte, e un incipiente sentimento di identità cominciò a frammentarsi.
Il bisogno di esercitare l'autorità sulla corposa popolazione dei territori costrinse il governo a rimettere in vigore la legge militare che aveva appena abolito. Il professor Yeshayahu Leibowitz non ebbe bisogno di 40 anni per capire che questo avrebbe trasformato Israele in uno stato di polizia e le Forze di difesa israeliane in un «esercito d'occupazione». Già nella primavera del 1968, aveva messo in guardia contro gli effetti dell'occupazione sull'educazione, la libertà di parola e di opinione e sulla natura democratica del governo. Leibowitz predisse che la corruzione tipica di ogni regime colonialista non avrebbe risparmiato Israele. Mise anche in guardia contro il collasso delle strutture sociali e la corruzione dell'uomo - tanto arabo che ebreo.
Ma neanche la profezia dell'apocalisse di Leibowitz potè prevedere la corruzione di valori determinata dall'impresa colonizzatrice e dall'estensione dei regolamenti di apartheid che avrebbero permesso e incoraggiato il furto di terre. Nessuno avrebbe potuto prevedere quanto tale impresa avrebbe danneggiato la coesione interna di Israele, né quanto avrebbe compromesso la reputazione di Israele agli occhi del mondo libero.
Nel giugno 1967, la piccola Gerusalemme ospitava 13 ambasciate straniere. Dopo l'approvazione della legge fondamentale su Gerusalemme capitale d'Israele, nel 1980, la città venne privata di tutte le sue ambasciate. È stato detto che i territori palestinesi ampliavano i margini di sicurezza della «piccola» Israele. Pochi ricordano che, alla metà degli anni '60, molti mesi prima che scoppiasse la guerra, il governo decise di ridurre il servizio militare obbligatorio di due mesi. Pochissimi soldati beneficiarono di questa riduzione perché i problemi di sicurezza provocati dall'occupazione costrinsero poi il governo a innalzare il servizio militare di 14 mesi - facendolo arrivare a tre anni.
Ma non è tutto. Durante la seconda guerra del Libano, i cittadini di Israele hanno pagato un caro prezzo per le ridotte capacità operative dell'esercito israeliano, conseguenza dell'uso dell'esercito come forza di polizia nei territori che Israele aveva conquistato nel giugno 1967 - fra cui il compito di vigilare sulle proprietà dei ladri di terra ebrei.È vero che in alcuni periodi l'altra parte non voleva discutere di nulla, nemmeno dei confini del 4 giugno 1967. Ma oggi, i 22 stati membri della Lega araba dichiarano che considerano questi confini una base per la pace - un risultato su cui nessuno avrebbe scommesso 40 anni fa. E così Israele sta perdendo l'opportunità di trasformare la sua vittoria militare nel più grande risultato di sempre. Sta perdendo la guerra d'indipendenza dal controllo della vita degli altri.

FONTE: il Manifesto

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bella Katu, non sapevo del tuo blog... molto interessante. L'ho già inserito nei preferiti!
Ciao Osso

KATU ha detto...

bella Osso...mi fa piacere. ovviamente aspetto commenti a qualsiasi post possa interessarti. anzi, sapendo che tu e adriano vi intendete di queste cose - in particolare di questioni economico-globali - aspetto dei vostri contributi in un campo in cui non ho una perfetta dimestichezza. adriano ha la mia mail...mandatemi tutto ciò che ritenete interessante (2/3 fogli word) e lo inserisco col vostro nome o con uno pseudonimo.