mercoledì 14 maggio 2008

60 anni dopo, tra sogni e paure

Il 14 maggio 1948 nasceva lo Stato di Israele e iniziava la Nakba palestinese. Otto ore dopo la dichiarazione di indipendenza, gli eserciti arabi invadevano il territorio del neo stato: libanesi dal nord, siriani dal nord-ovest, truppe transgiordane e irachene dal centro, egiziani dal sud. Era l'inizio della prima guerra arabo-israeliana. Sessanta anni dopo non si intravede l'ombra di una minima soluzione.


Per comprendere il quadro di riferimento relativo all'inizio della disputa in terra santa, è necessario, almeno a grandi linee, ricostruire l'umore dell'epoca, passando in rassegna alcuni degli elementi che hanno contribuito a rendere il puzzle inestricabile. E' necessario, dunque, ripercorrere il clima politico-sociale che fece da sfondo alla costituzione dello Stato di Israele. Punto inamovibile è la totale uguaglianza dei diritti tanto degli ebrei quanto degli arabi su quella terra. L'elemento cruciale per cogliere il nodo storico della questione arabo-israeliana può, forse, essere indicato nella dichiarazione di Balfour (dal nome del ministro degli esteri inglese) del 1917, nella quale si diceva che il Governo di Sua Maestà vedeva con favore la fondazione in Palestina di "un focolare nazionale per il popolo ebraico", ma avvertiva che "nulla sarà fatto che possa recare pregiudizio ai diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti".
Dopo la prima GM e la seguente spartizione dell'Impero ottomano da parte di Francia e Gran Bretagna, l'agenda mediorientale si trascina tra Conferenze e Libri Bianchi fino alla grande rivolta araba del 1936/39 (al-thawrah al-arabiyyah al-kubra fi filastin), quando la situazione si fa molto tesa a causa dell'eccessiva e improvvisa immigrazione ebraica dovuta ai progrom (prima in Russia e poi con la folle e agghiacciante 'soluzione finale' hitleriana). Fu allora che, resisi conto dell'errore compiuto, gli inglesi tentarono di limitare i flussi in Palestina - commettendone in realtà uno ancora più grande - con la pubblicazione dell'ennesimo libro bianco (di Malcom Mac Donald), il quale ribadiva la validità della dichiarazione di Balfour e auspicava che "lo stanziamento doveva avvenire per diritto reale e non per semplice tolleranza", anche perché si precisava che "non si voleva trasformare l'intera Palestina in focolare nazionale, ma più correttamente fondare in Palestina un focolare di tal genere". Il libro bianco fu ampiamente respinto e interpretato come una violazione della parola data. Da quel momento lo scontro si radicalizza, sia tra arabi ed ebrei che fino ad allora avevano vissuto pressoché tranquillamente, sia nel rapporto tra britannici e sionisti, con episodi di violenza terroristica da parte di bande come l'Irgun, l'Haganah e la Gang Stern. Uno di questi avvenne in seguito all'irruzione (operazione Agatha o Black Sabbath) delle forze britanniche nell'Agenzia ebraica di Gerusalemme, con confisca di documenti, 2500 arresti e 'uccisione di 7 membri dell'Irgun: il 22 luglio 1946 l'Irgun come ritorsione fa saltare in aria un'ala dell'hotel King David, sede del quartier generale inglese, causando 90 morti. Il 20 aprile 1947 gli inglesi, vista l'impossibilità di ricomporre le tensioni sociali, decide di rimettere la questione alle Nazioni Unite che nel novembre dello stesso anno approvano la risoluzione 181 per sancire la spartizione in 2 stati.
Dal gennaio al maggio 1948 si moltiplicarono gli attentati arabi, mentre la reazione dell'Irgun e della Stern si materializzò nel villaggio di Deir Yassin, nei sobborghi di Gerusalemme, il 9 aprile, subito seguita da rappresaglie arabe sul monte Scopus e a Kfar Etzion. Il 1° maggio gli inglesi lasciavano la Palestina nel caos più totale, dal quale ancora oggi, 60 anni dopo, non si riesce ad uscire. Dopo la guerra e gli accordi di pace bilaterali tra Israele, Transgiordania ed Egitto (Iraq, Arabia Saudita e Yemen addussero di non avere confini comuni con lo stato ebraico), il colpo di grazia per il possibile sviluppo di un dialogo fu dato dalla guerra dei '6 giorni' nel 1967 e dall'inizio dell'occupazione israeliana, contro la risoluzione 242 che imponeva il ritorno alla linea dell'armistizio del 1949 (green line). Non è questa la sede per citare tutte le altre guerre 'ufficiali' o le rappresaglie 'ufficiose', ma è evidente che il 1967 segna uno spartiacque, la rottura di un equilibrio che per molti motivi penderà decisamente verso una parte.

Alla luce di questa sommaria ricostruzione [qui una ricostruzione più puntuale], è ora possibile cercare di spiegare perché una parte dell'intellighenzia italiana di sinistra ritiene che Israele sià uno stato purtroppo privo di una piena legittimità. Con ciò non si vuole certo sostenere la tesi secondo la quale lo stato di Israele non abbia diritto di esistere, non si vuole dare adito a proclami antisemiti e non si vuole preticare nel modo più assoluto alcun tipo di negazionismo o revisionismo di tragici e incontrovertibili fatti storici. La non piena legittimità dello stato di Israele è semplicemente iscritta nello stesso atto che ne sancisce la nascita: la risoluzione 181, la quale parla in modo inconfutabile della nascita/creazione di 2 stati. Sessanta anni dopo questo ordine internazionale non esiste ancora. Va da sé che Israele sarà pienamente legittimo quando sarà realizzata la legittimità internazionale stabilita dalla risoluzione. A tal proposito si oppone sempre il rifiuto da parte araba del piano di spartizione. A mio modo di vedere, quel rifiuto andava preso come un'occasione di approfondimento dei termini della questione, cosa che avrebbe potuto anche permettere - ma ci sarebbe stato bisogno di tempo - la soluzione di un unico stato binazionale. L'affrettata e unilaterale proclamazione dello stato d'Israele da parte di Ben Gurion mise fine a quel possibile tentativo prima ancora che si avesse modo di pensarlo. La successiva occupazione Israeliana avrebbe affossato qualsiasi tipo di soluzione pacifica, e condotto alla situazione attuale, con i palestinesi ridotti in bantustans scollegati tra loro, parcellizzati da muri e check-points. I nodi sono sempre quelli: ritorno alla linea dell'armistizio del '49 (fine quindi dell'occupazione e della colonizzazione per mezzo dei coloni), diritto al ritorno per i profughi (sarà impossibile che tornino tutti) e la questione di Gerusalemme (ormai quasi completamente dearabizzata).
In occasione del sessantesimo anniversario della fondazione, il Jerusalem Report ricostruisce le tappe fondamentali che hanno portato il paese a vincere la difficile scommessa per la sopravvivenza, evidenziando come la legittimazione internazionale sia stata la carta fondamentale per lo strapotere odierno di Israele. "Quando nel novembre del 1948 Israele chiese per la prima volta di essere ammesso tra i membri delle Nazioni Unite, solo cinque paesi votarono a favore. Il suo futuro sembrava appeso a un filo: senza la legittimazione internazionale, il nuovo stato non avrebbe mai ottenuto il sostegno diplomatico e militare di cui aveva bisogno per contrastare i paesi arabi. Negli anni cinquanta, dopo il riconoscimento formale, l'occidente e il blocco sovietico voltarono di nuovo le spalle a Israele per cercare di conquistare il sostegno del mondo arabo. Fu solo la vendita clandestina di armi da parte della Germania e della Francia a rendere possibile la vittoria nella guerra dei sei giorni nel 1967. Quella vittoria convinse gli Stati Uniti a puntare sullo stato ebraico come base strategica nel Medio Oriente e a garantire la sua protezione. Ma Israele ha anche commesso un grosso errore: rifiutando le opportunità di risolvere la questione palestinese ha contribuito a creare i nemici che lo minacciano oggi: Hezbollah, Hamas e, soprattutto, l'Iran".



APPROFONDIMENTI:
Israele affronta la sua storia – Le Monde diplomatique_ediz. Ita., maggio 2008.
È un'invenzione il «popolo ebreo»? – Le Monde diplomatique_ediz. Ita., maggio 2008.
L'«altro giudaismo» di Avraham Burg – Le Monde diplomatique_ediz. Ita., maggio 2008.
Ahmadinejad e Bush, perle di saggezza su Israele-Palestina – altrenotizie, 11/06/2008
Israele e gli “arabi del ‘48” – altrenotizie, 12/05/2008.

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