lunedì 30 marzo 2009

Speciale Parlamento europeo - PARTE II

Correttezza della comparazione tra “parlamentarismo” europeo e Parlamenti nazionali

A causa della sua specificità, sui cui motivi storici, sociali e politici, per altro noti, non è il caso di soffermarsi in questa sede, il sistema istituzionale dell’Unione rappresenta un modello unico, che non trova riscontri in nessun altro tipo di esperienza né a livello statale, né a livello di organizzazioni internazionali. Ai fini della presente trattazione, in particolare per quanto attiene al ruolo che partiti politici di livello europeo potrebbero giocare nel processo di riduzione del deficit democratico, può, quindi, risultare utile una comparazione tra alcuni aspetti del funzionamento del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, limitatamente al caso italiano. Tanto più che già dal regolamento del 1981 [1] traspariva una connotazione del Parlamento europeo quale organo ancor più marcatamente “di gruppi e non di delegazioni nazionali o di individui”. In altre parole, veniva ulteriormente sottolineata la sua diversità rispetto alle altre Istituzioni comunitarie e, conseguentemente, si profilava il suo avvicinamento ai modelli parlamentari statali: da alcune soluzioni regolamentari assunte dal Parlamento europeo si avvertiva, del resto, che la derivazione di alcune disposizioni non era tanto di origine interna quanto, piuttosto, il risultato della trasposizione di esperienze nazionali in ambito comunitario.
Su questo punto è stato anche sostenuto [2] che l’effettiva influenza dei gruppi, la loro essenza e quella della loro funzione dipendono direttamente dai poteri concreti del parlamento in cui operano, fermo restando che i gruppi europei svolgono funzioni ben diverse rispetto ai gruppi nazionali, tali, però, da non escludere la stringente analogia strutturale e, per alcuni aspetti, anche funzionale dei due fenomeni. L’indagine comparatistica è, in definitiva, per gli autori, compatibile e necessaria dal momento che il Parlamento europeo ha sempre attinto dalle esperienze maturate negli ordinamenti nazionali. È importante sottolineare, però, al di là delle singole opinioni, come già pochi anni dopo la prima elezione diretta dell’assemblea di Strasburgo si avvertisse che, in mancanza di reali partiti di dimensione europea, non fosse possibile per i gruppi europei esplicare integralmente quella che per i gruppi nazionali è la funzione preminente: la rappresentanza dei corrispondenti partiti. I successivi passi, tuttavia, tra i quali l’adozione progressiva di sistemi elettorali (quasi) uniformi, il consolidarsi del fenomeno di formazione delle federazioni partitiche transnazionali e, recentemente, il Regolamento n. 2004/2003 hanno aperto, in questo senso, nuove prospettive.
Il tentativo di comparazione può certamente sollevare alcune perplessità sulla correttezza metodologica del confronto, trattandosi di comparare, da un lato, organi di natura statale e, dall’altro, organi internazionali. Se è vero, infatti, che sotto il profilo strutturale esiste un’indubbia somiglianza tra i due tipi di assemblea, soprattutto a seguito dell’elezione diretta del Parlamento europeo, tuttavia, sotto il profilo funzionale, le assemblee legislative degli Stati membri hanno ben poco in comune con quella europea, non dotata né di poteri legislativi, né di alcun autentico potere di controllo sull’esecutivo. Di questo avviso non è Prélot, il quale sostiene [3] che ci sarà diritto parlamentare ovunque esistono delle Camere deliberanti, anche in assenza della responsabilità politica dei ministri davanti ad esse. In particolare, per l’autore, la comparazione tra il livello parlamentare comunitario e i vari livelli nazionali deve ritenersi possibile e necessaria, dal momento che sono certamente confrontabili i diversi modi in cui vengono organizzati “i dibattiti di un gran numero di uomini riuniti in assemblea”.
Altre posizioni della dottrina [4] hanno sottolineato, per il caso italiano, come alcuni istituti regolamentari del Parlamento europeo presentassero analogie di fondo con i regolamenti delle Camere del 1971, dal momento che, per motivazioni diverse, le assemblee propendevano al coinvolgimento delle “opposizioni” nella programmazione e nell’espletamento dell’attività parlamentare. Più correttamente, mentre il Parlamento europeo tendeva, e tende tutt’ora, ad esprimersi nella sua interezza quale organo di opposizione al sistema, nelle Camere italiane, pur conservandosi la sostanziale diversità di ruoli tra maggioranza e opposizione, si propendeva, per le ragioni storiche del momento, al raggiungimento di frequenti compromessi con le opposizioni più significative, al fine di ottenerne la compartecipazione alla gestione più spedita e coordinata delle assemblee. Va, comunque, notato che sotto il profilo rappresentativo il Parlamento europeo si caratterizza solo parzialmente in forme simili alle assemblee nazionali: se riunisce, infatti, secondo le previsioni dei Trattati i rappresentanti dei popoli degli Stati comunitari, esiste, tuttavia, una rilevante particolarità, consistente nel fatto per cui, in presenza di un sistema di elezione delimitato dai confini nazionali, viene a mancare l’elemento soggettivo primario costitutivo di un “popolo europeo” unitariamente inteso, che è, invece, presupposto indefettibile dell’ordinamento statuale.
Un ulteriore elemento di differenziazione tra i due livelli può essere individuato nel rifiuto, all’interno dell’ordinamento comunitario, del principio della divisione dei poteri, idoneo ad allontanarlo dai tradizionali schemi del parlamentarismo nazionale.
A parziale spiegazione di ciò, è stato sostenuto [5] che la divisione dei poteri non si è imposta nelle organizzazioni internazionali per l’assenza delle ragioni storiche, più che strutturali, che ne hanno determinato la nascita: la tutela di taluni fondamentali diritti della persona nei confronti del potere dello Stato. Per questi motivi, di fronte all’originalità di un’Assemblea priva di poteri deliberanti di un certo rilievo e di fronte ad un esecutivo bicefalo, emanazione dei governi nazionali, sembra corretto accogliere con estrema cautela ogni caratterizzazione degli organi comunitari a partire dagli schemi statuali. In realtà, se si confronta la collocazione del Parlamento europeo nell’impianto comunitario con il ruolo centrale esercitato, per esempio, dal Parlamento italiano, si deve ammettere una notevolissima distanza tra i due organi. Il carattere centrale del Parlamento italiano raggiunge i più unanimi riconoscimenti nel corso della VII legislatura, con l’avvio del governo “delle astensioni” e della “non sfiducia”: in questa fase il centro di gravità del sistema politico si sposta verso tale direzione [6].
Se si paragona, invece, il Parlamento europeo con il parlamento britannico, dominato ed orientato in gran parte dal Gabinetto, vero centro del sistema costituzionale, la distanza tra gli organi, almeno sotto questo profilo, si riduce visibilmente. Né avrebbe senso tentare di paragonare il sistema costituzionale europeo a quello statunitense, del quale si accennerà brevemente in seguito, per la profonda diversità dei presupposti sui quali si fondano. In tutti i casi, si deve constatare che, eccezion fatta per l’originalissimo caso italiano [7] , comune a tutti i Parlamenti statali è il crescente fenomeno della perdita di prerogative a favore degli esecutivi, in conseguenza della crisi di legittimazione degli organi parlamentari [8] e per effetto delle maggiori garanzie offerte alla stabilità dei governi.
Uno squilibrio funzionale tra organi, a tutto vantaggio del Consiglio, si è sempre registrato anche nell’ordinamento comunitario; in questo caso, però, il fenomeno si deve soprattutto a consapevoli e calibrate scelte costituenti degli estensori dei Trattati, che hanno inteso privilegiare, accanto ad entità di carattere sovranazionale, innanzitutto gli organismi rappresentativi di interessi nazionali.
È, tuttavia interessante notare che, sia pur partendo da assetti estremamente differenziati e da presupposti assolutamente non confrontabili, le divergenti linee evolutive del sistema comunitario e dei sistemi nazionali, limitatamente a questo tema, rafforzano di fatto il medesimo disegno istituzionale in cui le funzioni decisionali si concentrano sugli esecutivi, mentre le funzioni di rappresentanza e di controllo sono svolte dai parlamenti [9].
Infine, è appena il caso di avanzare alcune considerazioni su un altro aspetto della possibile analisi comparata dei due sistemi, quale quello della cosiddetta “unitarietà” dell’ Assemblea europea dovuta, in linea di massima, all’inesistenza di precostituite maggioranze ed opposizioni parlamentari. Infatti, nelle forme di governo parlamentari, caratterizzate da uno stretto collegamento tra potere esecutivo e potere legislativo, il Parlamento non si mostra quale organo omogeneo e unitario, bensì si scompone in maggioranze che sostengono il governo e opposizioni che lavorano per la sua alternativa. Al contrario nella forma di governo degli Stati Uniti d’America, il Congresso è in un rapporto di netta separazione con il Presidente, tanto che, pur in presenza di maggioranze e minoranze parlamentare, si esprime spesso unitariamente, tendendo a contrapporsi in toto nella difesa delle proprie prerogative. Anche nel sistema comunitario il rapporto tra Consiglio e Parlamento è di totale separazione, anzi spesso di assoluto contrasto, per cui l’organo parlamentare tende ad esprimersi all’unanimità o a grandissima maggioranza, caratterizzandosi prevalentemente quale organo di opposizione, secondo le tradizionali teorie per le quali il contrappeso tra i poteri si realizza tramite l’esercizio del ruolo di opposizione da parte dell’intero parlamento.
Come si è visto, quindi, la possibilità di comparazione tra i due diversi sistemi risulta più o meno idonea a seconda degli aspetti dei quali si effettua il confronto. Anche per questi motivi, con le dovute cautele, alcune ulteriori considerazioni di carattere comparato sul Parlamento europeo e sui Parlamenti nazionali appaiono utili e possibili. Esse investono necessariamente alcuni aspetti di un fattore che più di altri ha la necessaria forza per influenzare il sistema costituzionale e politico di uno stato, sia esso nazionale che di carattere sopranazionale: il sistema elettorale, con particolare attenzione alla scelta, nell’ambito comunitario, del sistema proporzionale.

NOTE:
[1] Approvato nella seduta del 26 marzo.
[2] Sull’argomento si veda: Chiti-Battelli – I “Poteri” del Parlamento europeo, Milano, 1981.
[3] M.Prélot – Le droit des Assemblées internationales, Accadémie de Droit International, 1981.
[4] Beccaccini – Sistema politico e regolamenti parlamentari, Milano, 1980.
[5] Miglizza – Il fenomeno dell’organizzazione internazionale e la comunità internazionale, Milano, 1988.
[6] In tal senso: Rodotà – La Costituzione materiale ai tempi dell’unità nazionale, in Laboratorio politico, marzo-giugno 1982, p. 64. “La funzione nuova del Parlamento viene individuata nella creazione di una sede in cui si realizza una certa partecipazione al potere di partiti che restano peraltro esclusi dalla partecipazione diretta agli organi di governo”.
[7] In particolare Bognetti – Il modello economico della democrazia sociale e la costituzione della Repubblica italiana, in Verso una nuova costituzione, Tomo I, Milano, 1983 fa risalire le principali anomalie del caso italiano al legame esistente tra strutture economico-sociali e strutture politiche. Esse sarebbero ampiamente caratterizzate e influenzate, oltre che dall’intrinseca debolezza dell’ esecutivo, soprattutto dall’esistenza di un eccesso quantitativo di rendite politiche all’interno del sistema rispetto a quelle generalmente presenti negli altri ordinamenti occidentali contemporanei, incorporanti il medesimo modello di Stato.
[8] Sulla crisi del parlamentarismo si veda, del tutto indicativamente, H.Kelsen – Il problema del parlamentarismo, in Il primato del Parlamento, Milano, 1982.[9] In vero, nel sistema comunitario tale funzione non è mai stata svolta integralmente dal Parlamento a causa delle lacune sul piano dei poteri di decisione. Ad ogni modo, come si cerca di dimostrare in questo lavoro, in più di venti anni sono stati compiuti diversi passi in questo senso, nel tentativo di ampliare e rafforzare i poteri dell’ Assemblea comunitaria. La tesi che si sostiene è che solo lo sviluppo di europartiti capaci di assolvere a tali funzioni di rappresentanza può consentire al Parlamento di esprimere tutto il suo potenziale.

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