martedì 20 novembre 2007

E voi la chiamate democrazia

Nell'immaginario comune - degli stolti, direi io - quella degli Stati uniti d'America è la più grande democrazia del mondo. Ma come converranno coloro che stolti non sono, democrazia è oggigiorno un vocabolo ampiamente inflazionato, nel senso che, essendo ormai usato in modo decisamente inappropriato, ha assunto un significato che spazia dal tutto al niente. Cosa vuol dire quindi democrazia? Libere elezioni? La possibilità - o meglio la parvenza - di poter fare determinate cose? Senza voler scendere nell'etimo del vocabolo - e senza voler chiamare in causa la filologia - mi limiterò a sottolineare che l'elemento principale di quella forma di gestione della cosa pubblica che comunemente definiamo come democrazia assume il nome di garanzia. Garanzia che lo stato, anch'esso assoggettato al diritto, non abbia a prevalicare quei diritti fondamentali che spettano a tutti per il solo fatto di essere nati (concetto dello 'stato di diritto'). Così come definito, però, questo non avviene. Nemmeno nella 'più grande democrazia del mondo'. Quella stessa che ha la presunzione di volersi diffondere (a suon di bombe) in tutto il globo.
Capita, allora, che un ragazzo di 18 anni, magari in una situazione sospetta, venga freddato da agenti di polizia con 20 colpi di pistola e poi, una volta morto, (e ci mancherebbe altro, mica è Duncan McLoud - l'ultimo immortale) il suo cadavere venga ammanettato perché così prevede la procedura standard (questa la giustificazione di Paul J. Browne, capo del dipartimento di polizia di New York) avallata, tra l'altro, dal cosiddetto Patron Guide. E non è neanche l'unica volta che accade, visto che tre anni fa tre uomini vennero colpiti nel Queens da almeno 50 proiettili della polizia.
Si chiamava Khiel Coppin e l'unico reato che aveva commesso era quello di impugnare una spazzola in una situazione che il dipartimento di polizia di New York City ha definito 'sospetta'. L'accaduto ha sollevato una grandissima indignazione sul New York Times, ma la stampa italiana non ha evidentemente ravvisato la necessità di informarci su quest'episodio di barbarie umana. Per fortuna (espressione probabilmente non appropriata) sono sempre più numerose le critiche di coloro che considerano quest'episodio un’offesa alla dignità dell’individuo. "Ammanettare qualcuno che è stato ferito, o che è già deceduto o che sta morendo è una delle cose più barbare, inutili e orribili che la Polizia possa commettere", ha detto l’avvocato Ronald Kuby.
Cosa ci lascia in eredità questa triste vicenda? L'immagine di una 'democrazia' (che poi viene a dare lezioni di garantismo a noi italiani) bisognosa della coercizione, della violenza e dell'imposizione completamente al di fuori di ogni pratica umana per perpetuare la propria sopravvivenza e la propria capacità di attrattiva. Ma solo per gli stolti.

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