venerdì 16 novembre 2007

I risvolti delle ultime elezioni in Europa

Tra la fine di settembre e la seconda metà di ottobre si sono tenute - in ordine cronologico - elezioni in Ucraina, Polonia e Svizzera. Al di là delle singole differenze, i risultati sono stati sorprendenti e hanno aperto lo spazio ad una serie di interrogativi che rimbalzano da una parte all'altra dell' Europa. Ma cosa c'è dietro ai singoli eventi?


L'UCRAINA TRA MOSCA E LA NATO - La storia recente dell'Ucraina prende le mosse dalla cosiddetta 'Rivoluzione arancione', quel movimento di protesta nato all'indomani delle elezioni presidenziali del 21 novembre 2004 che videro, in un primo momento, la vittoria del filo-russo Yanukovic - delfino dell'ex-presidente Leonid Kucma. Elezioni contestate dal filo-occidentale Yuscenko che denunciò brogli. A seguito delle proteste, la Corte Suprema ucraina invalidò il risultato elettorale e fissò nuove elezioni per il 26 dicembre. Questa volta ad uscirne vincitore fu proprio Yuscenko, con il 52% dei voti contro il 44% del suo sfidante.
La situazione di stallo si è trascinata fino alle elezioni per la Rada, il parlamento ucraino, tenutesi il 26 marzo 2006, in cui la "coalizione arancione" presieduta da Yuscenko‎ è uscita notevolmente ridimensionata a causa del tradimento di una parte della coalizione - il partito socialista. E così, Yanukovic si è ritrovato a vestire la carica di primo ministro. Il culmine della crisi politica si è raggiunta nel momento in cui il partito di opposizione, il Blocco di Yulia Tymoshenko, ha sostenuto il governo proponendo una legge che annullasse il potere di veto del Presidente.
Yuscenko, preoccupato per il fatto che la coalizione di governo si sarebbe assicurata una maggioranza dei due terzi necessaria per annullare il proprio potere di veto, chiese, con il sostegno dell'opposizione, che il diritto dei singoli membri di una fazione parlamentare a sostenere la coalizione al governo fosse ritenuta contraria alla
Costituzione. La seguente decisione di Yuscenko‎ (2 aprile 2007) di firmare un decreto per sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni legislative - poi bocciato dall'assemblea - ha scatenato le proteste del premier Yanukovic e dei suoi sostenitori.
Il 30 settembre 2007 la crisi è sfociata in elezioni parlamentari anticipate, frutto di un accordo tra i due Viktor e il presidente del Parlamento, Moroz. Secondo l'attuale sistema elettorale ucraino, i 450 seggi sono divisi tra i partiti che raggiungono un minimo del 3% dei voti totali e numero dei seggi assegnati ad ogni partito che abbia superato tale soglia, è calcolato utilizzando il metodo del maggior resto. L'esito è stato quantomai controverso: se il Partito delle Regioni di Yanukovic è risultato essere il primo partito, la coalizione tra il Blocco di Julija Tymoscenko e il partito Nostra Ucraina di Yuscenko ha, de facto, la maggioranza dei seggi (cliccare sulla cartina per vedere la loro distribuzione).
L'Ucraina è, però, ben lungi dalla stabilità politica. Dopo la 'rivoluzione arancione' sponsorizzata da Washington (come in Georgia - ricordate la 'rivoluzione delle rose'?) l'ex-repubblica sovietica si ritrova divisa a metà tra spinte all'occidentalizzazione e vecchi legami con l'establishment di Mosca. A cosa poteva portare tutto ciò se non al caos nella politica interna del paese? Si sa benissimo che gli americani hanno, giocoforza, portato l'Ucraina (così come hanno fatto e stanno facendo a vario titolo con Repubblica Ceca, Polonia, Serbia e tutti i Balcani, Caucaso, Repubbliche centroasiatiche) all'interno della Nato. Le loro intenzioni le possiamo agevolmente capire tutti quanti. D'altro canto, Putin non è certo stato a guardare: il conseguente spostamento politico dell'Ucraina verso occidente sancì da parte di Gazprom l'aumento delle tariffe del gas fino al prezzo di 230 dollari, rispetto a quello precedentemente praticato di 50. Gli sviluppi di questa contrapposizione, insieme a quella tra russofoni e ucrainofoni, non lasciano presagire niente di buono.

POLONIA: SPERANZA CONTRO RISENTIMENTO -
In uno dei più popolosi paesi europei - di recente entrato nell'Unione - alle elezioni legislative si è imposta la formazione liberale PO (41,51%), guidata da Tusk, contro il PIS dei gemelli Kaczynski (32,11%), uno dei quali, Lech, resterà presidente fino al 2010. La formazione vincitrice ha iniziato il giro delle consultazioni per formare un governo di coalizione insieme ad altre forze di centrosinistra. Il risultato è stato senza dubbio salutato come una grande svolta per il paese. Insomma, la Polonia della speranza si è schierata contro quella del risentimento.
I polacchi hanno respinto il populismo del PIS, le insinuazioni, la paura e la volontà di mettere i gruppi sociali l'uno contro l'altro. Come ha scritto la Gazeta Wyborcza (fonte: Internazionale n.716), i cittadini hanno votato contro "la politica fondata sulla teoria del complotto, sulla megalomania nazionale e sulle fobie antitedesche", contro "il ricatto, le intercettazioni, i pedinamenti e le provocazioni, respingendo la propaganda dei mezzi di informazione schierati con il PIS e le sue manovre elettorali".
Ha vinto, quindi, la Polonia dei cittadini, la Polonia senza complessi, un partner nella famiglia dei popoli europei, un paese che vuole modernizzarsi, che rifiuta l'integralismo di Radio Maryja, la xenofobia, il populismo e certe leggi che i gemelli Kaczynski avevano promosso. La società polacca ha detto basta e ha inferto una lezione umiliante all'ormai ex-primo ministro, lo stesso che aveva fortemente voluto queste elezioni anticipate.

SVIZZERA, POPULISMO E PAURA DELLO STRANIERO -
La xenofobia, il populismo e il rifiuto dell'Europa sono, invece, gli ingredienti della vittoria elettorale di Blocher nel paese dei cantoni. All'interno del particolare sistema costituzionale svizzero, della sua forma di governo direttoriale (unico esempio rimasto al mondo in cui un collegio composto da più persone funge da Capo dello Stato e del Governo) e del meccanismo politico (in cui la stabilità è data da ampie coalizioni, a volte comprendenti anche diversi movimenti - la cosiddetta 'formula magica') l'Unione democratica di centro ha ottenuto quasi il 30% dei voti. In realtà di centro non ha proprio niente, connotandosi invece come partito di estrema destra con un programma pieno di elementi tipici dei nazionalisti e tendenze apertamente xenofobe: riduzione delle tasse, lotta contro burocrazia, immigrazione e diritto d'asilo, oltre ad una istintiva diffidenza verso l'Ue.
La sua vittoria è frutto di un lungo e capillare lavoro, di una strategia spregiudicata e mirata ad instillare nella popolazione un pericoloso sentimento di diffidenza e, più esattamente, di paura verso lo straniero. Il suo primo significativo successo risale al 1992 quando riesce ad imporre la sua visione e convincere gli svizzeri a rifiutare l'adesione allo Spazio economico europeo, l'anticamera della futura Unione.
Per tutti gli anni '90 costruisce la propria immagine tuonando pesantemente contro Bruxelles, appellando come approfittatori gli immigrati che abuserebbero del sistema svizzero di previdenza sociale e indicandoli come coloro che minacciano la proverbiale tranquillità civile elvetica. Con un clima sociale che inizia piano piano a deteriorarsi la ricetta funziona e nel gennaio 2004 Blocher diventa uno dei 7 ministri del governo di coalizione, pur giocando a fare l'oppositore. Il suo tono populistico raggiunge l'apice con le affermazioni che lo vedono prendere la difesa dei più poveri, quando in realtà è parte integrante del grande capitale in quanto miliardario e possessore di un'impresa internazionale, la Ems-Chemie.
Una cosa è certa: in un clima di grande instabilità generalizzata il rigurgito xenofobo funziona più che mai. Alcune avvisaglie iniziano a manifestarsi anche in Italia. Speriamo di non dover assistere anche noi ad affermazioni politiche di tal genere.

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