lunedì 7 luglio 2008

Finalmente libera!

La liberazione della Betancourt – moralmente cambiata dopo 6 anni di prigionia - si è rivelata un successo strategico e politico. La popolarità del presidente Uribe è ora alle stelle, superata solo da quella della stessa Betancourt, ma sarà importante vedere che tipo di compromesso raggiungeranno. Chavez e le Farc sono i grandi sconfitti di un evento che segnerà inevitabilmente una svolta nella tumultuosa storia della Colombia.


LA NUOVA INGRID E IL FUTURO DELLA COLOMBIA - Prima del suo ritorno alla libertà,
Ingrid Betancourt era una politica decisamente agguerrita. Dimostrando sempre un grande coraggio, non ha mai esitato a scagliarsi contro l’establishment politico. Non risparmiava nessuno ed era ossessivamente contestatrice, moralista, rigorosa e molto critica. Ma per quanto le sue denunce fossero giuste, le sue posizioni a volte estremistiche danneggiavano la sua credibilità: era una radicale, e per questo ha sempre suscitato un fascino speciale. Probabilmente le sue idee innovatrici in politica erano dovute alla formazione progressista, privilegio di pochi in Colombia. Nelle sue campagne elettorali ricorreva a gesti originali e provocatori (come distribuire preservativi per strada) o a proteste di una certa visibilità, come lo sciopero della fame che fece in Parlamento, uscendone dopo molti giorni in barella e disidratata davanti alle telecamere. Clamoroso fu il suo movimentato intervento al congresso del Partito Liberale del 1997, a metà della presidenza di Ernesto Samper, quando accusò il partito di complicità con l’assassinio di Luis Carlos Galan, il candidato alla massima carica ucciso nel 1989. In quell’occasione fu costretta a scendere dal podio a causa delle grida e degli insulti della platea: era talmente radicale da essere emarginata dal cuore stesso della politica colombiana.
La nuova Ingrid non ha mostrato rabbia, è apparsa dolce e conciliante, senza un briciolo di amarezza. Con la sua dignità è riuscita ad ottenere ciò che nessun rivoluzionario ha ottenuto con le armi nella
violenta storia della Colombia: ha conquistato il cuore e la mente del popolo. Se la ricomparsa della Betancourt ha commosso il paese (e il mondo), il suo parlare l’ha semplicemente soggiogato. Dopo 6 anni di prigionia, l’umiliazione e le malattie, è tornata trasformata in una donna universale, con la grande forza morale tipica di chi ha la consapevolezza del destino del paese. Ora la sua lotta continua. Le sue dichiarazioni sono apparse subito un vero e proprio manifesto politico, in cui sono stati toccati tutti i temi: guerra e pace, stato, rielezione, sequestro e trattative politiche. La sua popolarità è alle stelle. Di fronte al fenomeno politico in cui si è trasformata subito dopo la sua liberazione, la domanda che tutti oggi si fanno in Colombia è: sarà il prossimo presidente?

LA VITTORIA DI URIBE, LA SCONFITTA DI CHAVEZ – A parte il giallo sulla liberazione, il vero vincitore - colui che trae da questa vicenda il vantaggio maggiore - è sicuramente il presidente colombiano Alvaro Uribe. Per
El Tiempo (nato nel 1911, è uno dei principali quotidiani colombiani e dei più illustri di tutta la stampa latinoamericana. Di orientamento liberale, vende circa 300mila copie) Uribe si è comportato come uno stratega e ha “dimostrato ancora una volta di non avere paura di agire. Solo un vero leader è capace di assumersi dei rischi, e il presidente Uribe l’ha fatto in un brutto periodo: la perdita anche di un solo ostaggio avrebbe potuto inasprire le conseguenze politiche del suo scontro con la Corte Suprema. In piena crisi istituzionale ha sfidato i familiari dei sequestrati, che si opponevano ad un’operazione militare; l’opposizione politica, che gli avrebbe fatto pagare caro un errore; il presidente francese Nicolas Sarkozy, che in nome di chissà quale autorità gli aveva proibito l’uso della forza; e al presidente venezuelano Hugo Chavez, che aveva vincolato il futuro dei rapporti tra i due paesi a una sua mediazione nelle trattative per la liberazione. La scommessa ha dato i suoi frutti e Uribe ha dimostrato che è possibile liberare ostaggi, ha ridato fiducia ai colombiani e ha messo in luce la professionalità dell’esercito. Ha dimostrato di avere coraggio in tempo di guerra: è arrivato il momento di avere coraggio in tempo di pace”.
Sulla stessa linea anche il quotidiano venezuelano
El Universal (il principale quotidiano venezuelano - serio e indipendente - fondato nel 1909 dal poeta Andrés Mata e acquistato dai suoi eredi nel 1992) secondo il quale “Se le Farc hanno subito un altro grave colpo si deve soprattutto alla tenacia, al valore e all’intelligenza con cui Uribe ha gestito la situazione. Non ha ascoltato chi gli chiedeva di riconoscere le Farc né le proteste ecuadoriane per le presunte violazioni della sovranità territoriale. Non ha ceduto e oggi è un eroe davanti al mondo”. Ancora più duro El Mundo (quotidiano venezuelano che esce il pomeriggio, nato nel 1958 con una linea editoriale di sinistra, difende i valori della democrazia seguendo lo slogan ‘meglio una libertà pericolosa che una schiavitù tranquilla’. Oggi è più moderato, ma resta comunque critico nei confronti del governo) che intravede la fine delle Farc e sollecita Chavez a meditare e imparare dai suoi errori: “Il suo fiuto politico dovrebbe dirgli perché il suo comportamento e la sua tattica si sono rivelati sbagliati. I suoi seguaci più spudorati hanno già cominciato a cercare di screditare la Betancourt. Se Chavez continua in questa direzione commette un errore grossolano. Ha chiesto alle Farc di liberare gli ostaggi, ha annunciato un incontro con Uribe, ha detto che la rivoluzione va vinta con i voti e non con i fucili. Speriamo non sia solo una tattica, ma un cambio di strategia. Altrimenti sarà la fine anche di Chavez”.

LA FINE DELLE FARC? –
La liberazione della Betancourt (insieme a 7 militari, 4 poliziotti e 3 cittadini statunitensi), al di là del giallo sul riscatto o delle molte verità raccontabili, è, dunque, un avvenimento destinato ad avere un’enorme ripercussione sulla vita politica del paese. Le Farc (Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia) hanno ricevuto un durissimo colpo che si somma a una serie di sconfitte cominciate nel 2003, ma dispongono ancora di una struttura solida, di un’efficiente unità di comando e di migliaia di uomini che godono del sostegno incondizionato della popolazione rurale (e quindi più povera), in un paese in cui non c’è mai stata una vera riforma agraria. Davanti alle Farc si aprono ora diverse strade: un disperato inasprimento della via militare, la ricerca di una alternativa politica realistica e urgente alla lotta armata, la frammentazione in gruppi comandati da caudillos senza una vera ideologia che faccia da collante, e aperti a qualsiasi genere di alleanza di convenienza con formazioni paramilitari o narcotrafficanti. Scegliere una alternativa diversa da quella politica causerebbe inevitabilmente gravi sofferenze alla popolazione, metterebbe ancor più in pericolo gli ostaggi che ancora si trovano nella foresta e inasprirebbe una guerra civile che è già latente, oltre a giustificare la militarizzazione e il consolidamento di una sorta di ‘autoritarismo carismatico’, plasmato – almeno per il momento - sulla figura di Uribe.
Sempre El Tiempo effettua una mirabile analisi, indicando che “lo scenario peggiore è quello della frammentazione delle Farc in piccole bande criminali e anarchiche. Per questo bisogna fare una proposta di pace generosa, almeno finché i rivoluzionari hanno almeno una parvenza di strutture di comando e di disciplina. Non basta offrire una pace che si limiti al disarmo, né è sufficiente ripetere fino alla nausea che il governo è disposto al dialogo. Negli ultimi tempi è emerso sempre più chiaramente che non resta niente della cosiddetta ala politica delle Farc. Se esiste ancora è il momento che faccia un passo avanti e che si tenti di mediare con essa. E’ inconcepibile che una guerriglia che si autodefinisce rivoluzionaria non presenti nessuna proposta politica rilevante da anni. Se le Farc non sfrutteranno quest’opportunità per costruire insieme un paese migliore, si lasceranno alle spalle solo una lunga strada insanguinata che dura da più di 40 anni”. Anche secondo un altro quotidiano venezuelano,
TalCual, è evidente che le Farc si stanno disintegrando. “L’abisso morale di una narcoguerriglia che viola i diritti umani è uno dei migliori alleati della politica di ‘sicurezza democratica’ portata avanti dal presidente colombiano Alvaro Uribe. La politica dei sequestri ha, insomma, messo in luce le loro carenze morali”.

LA DIMENSIONE POLITICA DELLA BETANCOURT - Oggi la dimensione politica della Betancourt ha di fronte tre sfide. La prima, di carattere politico-elettorale, registra la sua enorme popolarità, ma non equivale certo ad una autostrada dritta verso la presidenza. Una cosa è la popolarità nata dall'orgia massmediatica del momento, un'altra cosa è conquistare i voti necessari nel durissimo braccio di ferro elettorale del 2010. Se nel paese l'appoggio a Uribe resta forte come oggi, la Betancourt non avrà sufficiente benzina per andare lontano; se invece la Colombia seguirà la svolta a sinistra in atto nel continente - puntando soprattutto sulla riconciliazione e sulle questioni sociali - è certo che la protagonista della nuova stagione sarà lei. La seconda sfida si estende, invece, al di fuori del paese e concerne i rapporti con l'estero, in particolare con gli altri stati dell'America latina. Ingrid potrebbe trovare buoni interlocutori in Cristina Kirchner, Lula e Alan Garcia (rispettivamente presidenti di Argentina, Brasile e Perù), ma non dubita sulla necessità di coinvolgere nell'ambito di una cooperazione più vasta Chavez e l'equadoriano Rafael Correa. Infine,
la pace in Colombia – quella che sarà probabilmente la sua bandiera oltre che la sua sfida più grande. La Betancourt ha diversi argomenti interessanti per convincere l’opinione pubblica a seguirla in uno scenario che oggi appare difficilmente immaginabile: negoziare una volta per tutte con le Farc. Per parlare di pace e riconciliazione nessuno è in una posizione migliore della sua. E’ già un simbolo universale dell’orrore dei sequestri perché è stata vittima della guerriglia, è riconosciuta in ambito nazionale ed internazionale, gode di fortissima credibilità all’interno dello stato, delle sue istituzioni politiche e delle forze armate.
Nonostante ciò – euforia della liberazione a parte – il cammino di Ingrid e della Colombia è ancora lungo, incerto e difficile. Lungo, perché la realtà del paese cambia molto velocemente, e con essa anche l’orientamento dei colombiani; incerto, perché Uribe non ha ancora deciso se ripresentarsi alle prossime elezioni, e questo cambierebbe totalmente le carte in tavola; difficile, perché dietro a quello che è divantato un simbolo che ha commosso il paese si nasconde pur sempre una donna che deve affrontare le inevitabili sofferenze di una prigionia lunga 6 anni. Senza contare gli ostacoli confezionati ad arte dall’interno e dall’esterno che dovrà superare…

FONTE PRINCIPALE: Internazionale n. 753

APPROFONDIMENTI:
Dossier liberazione Betancourt - limesonline
Bentornata Ingrid - altrenotizie
La sesta vita di Ingrid Betancourt - comedonchisciotte
Colombia_Scheda Conflitto - peacereporter

IN LIBRERIA (libri sulla Colombia consigliati da Internazionale acquistabili online da Ibs Italia):
• Alfio Neri,
Società e crisi politica nella Colombia contemporanea, L'Harmattan Italia, 2004 [25,50 euro];
• Guido Piccoli,
Colombia, il paese dell'eccesso. Droga e privatizzazione della guerra civile, Feltrinelli 2003 [12,00 euro];
• Guido Piccoli,
Colombiani. Storie da un paese sotto sequestro, Internazionale, 2000 [5,16 euro].

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