giovedì 3 gennaio 2008

Anno nuovo, vecchia storia

Il 2008 è appena cominciato e, come ogni inizio di nuovo anno, ci si aspettano novità e si guarda ai prossimi 12 mesi con curiosità. Ma, come sempre, c'è chi rilancia le sue crociate in difesa di non meglio specificati valori con il tentativo di indirizzare ed influire sulla politica del paese. Insomma, la solita storia.
E da chi poteva giungere l'ultimo attacco se non da quella spregievole persona rappresentata dall'ineffabile cardinal Ruini? Il cui obiettivo non è certo quello della salvaguardia della vita umana - altrimenti si dedicherebbe in altro modo, e non solo a parole, a questi temi - ma quello dell'ingerenza a tutti i costi nella vita politica italiana, al fine di imporre uno stato confessionale. Una sorta di estremismo-fanatismo cattolico che, avendo ben altri mezzi a disposizione, cerca di dettare la propria visione come il tanto deprecato (e sicuramente deprecabile) fanatismo islamico. E' l'ennesimo attacco della Chiesa alla legge sull'aborto, un modo per ribadire anche alla fine dell'anno uno dei temi - come la famiglia, la procreazione e l'eutanasia - sui quali la Santa Sede non accetta dialogo e non lascia certo libertà di coscienza ai fedeli.
L'attacco riguarda la legge 194 - quella sull'aborto - emanata dal nostro Parlamento 30 anni fa e fortemente voluta dal popolo italiano che aveva espresso la propria volontà tramite un referendum. Ora la chiesa vorrebbe scavalcare la volontà popolare ed abrogare - o volgere al proprio diktat - questa legge che ha rappresentato per vari motivi un grosso passo avanti verso un senso di enorme civiltà. E a dar man forte a 'Mr. Richelieu' ci sono il mancato monsignor Bondi, la teodem (ma guarda tu cosa mi tocca sentire) Binetti e il direttore (???) del Foglio Giuliano Ferrara - che ritiene di dover intervenire forse perché 194 è il peso della sua enorme mole. "Si può sperare - ha infatti spiegato Ruini nell'intervista al Tg5 - che da questa moratoria venga anche uno stimolo per l'Italia, quantomeno per applicare integralmente la legge sull'aborto che dice di essere legge che intende difendere la vita, quindi applicare questa legge in quelle parti che davvero possono essere di difesa della vita".
A chiudere la porta a una revisione della 194 è appunto la ministra Turco, in un intervento che ho finalmente apprezzato dopo varie pazzie che le ho sentito dire - come ad esempio i test anti-droga nelle scuole. "La legge è inapplicata? No, è applicatissima. Ridiscutere dell'aborto? Un dibattito pubblico è possibile, ma non lo è una modifica della 194". Le fa eco la ministra delle pari opportunità Barbara Pollastrini che giudica "irricevibile l'utilizzo di questi temi con finalità ideologiche che, in realtà, mirano a una modifica radicale della legge". Ferrara è immediatamente tornato alla carica contro quella che lui chiama "la pena di morte legale". La pratica dell'aborto terapeutico sarebbe un "incentivo a pratiche eugenetiche" e, dunque, andrebbe perlomeno bloccato l'aborto "selettivo per sesso o disabilità". La legge 194, però, non parla mai di aborto "per sesso o disabilità", ma sancisce che, superato il limite dei 90 giorni di gravidanza, entro i quali è consentita l'interruzione volontaria, si può ricorrere all'aborto solo quando sia a rischio la salute della madre. L'articolo 6 elenca i casi in cui effettuare l'aborto terapeutico, da praticarsi appunto "quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna" oppure nel caso "siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna". Non esistono limiti temporali, ma nella media l'intervento viene praticato entro le prime 24 settimane. Ovviamente occorre precisare che l'articolo 7 impone che la presenza delle condizioni di pericolo sia certificata.
Perché, allora, quest'ennesima intromissione? Pensano veramente che le donne rinuncino alla loro maternità in maniera così leggera? Non si rendono conto che la quasi totalità delle volte sono costrette a questa scelta dal fatto che con le precarissime condizioni di vita che regnano oggigiorno non sono in grado di allevare il figlio che portano in grembo in condizioni umane? Ma poi, che ne sanno di figli le porporate eminenze se loro non possono averne? Ne hanno mai avuto uno? Possono, forse, partorire figli? Non farebbero meglio a rinunciare ad una minima parte delle loro ricchezze per metterle a disposizione di donne disperate che altrimenti non abortirebbero mai? Non sarebbe, semmai, il caso di favorire politiche di aiuto a tali indigenti situazioni, invece di farneticare su principi che loro per primi calpestano ogni giorno? Perché cercano di forzare l'abrogazione di questa legge giustificandola con il fatto che la scienza negli ultimi 30 anni (quelli che ha la 194, appunto) ha compiuto enormi progressi? Non sono forse loro ad aver sempre criticato la scienza ed esaltato invece la 'verità di dio'? L'ultima volta che è successo non è forse stato in occasione del viaggio del papa in Austria nel settembre 2007 [1]?
A tutte queste domande mi sembra che risponda benissimo Filippo Gentiloni in un editoriale [2] in cui esamina il continuo contenzioso tra Stato e chiesa. "Un contenzioso antico che si ripresenta continuamente, con le sponde del Tevere che si allargano e si restringono di volta in volta, come amava dire Spadolini. La sistemazione data dalla Costituzione e poi dal Concordato craxiano non ha rappresentato una soluzione né perfetta né definitiva. Le discussioni recenti hanno confermato l'incertezza e la precarietà di una controversia che è ben lontana dall'essere esaurita. A riaprire il contenzioso - che, d'altronde, in realtà non era stato mai risolto del tutto - alcuni fatti ben precisi, da una parte e dall'altra. Da parte vaticana, una nuova «preoccupazione»: un nuovo timore della perdita di visibilità e quindi di presenza nell'attuale società italiana. La paura che la presenza cattolica si dovesse ridurre, per così dire, alla sacrestia e alla camera da letto: che scomparisse, cioè, dalla vita pubblica, come, d'altronde, è già accaduto in molti altri paesi anche a maggioranza cattolica. Quindi una nuova presenza, più «aggressiva». Tipica, d'altronde, anche del nuovo pontificato. Dall'altra parte, alcuni fatti nuovi, sotto gli occhi tutti. Ieri, la fine di quella Democrazia Cristiana alla quale stato e chiesa avevano delegato il compito di stabilire limiti, patti e funzioni. Oggi, poi, un fatto nuovo: la nascita di quel Partito Democratico che dovrebbe essere erede sia della Democrazia Cristiana che delle sinistre, con il relativo problema della laicità".

NOTE:
[1] Claudio Flamigni, "La scienza non ha bisogno di nessun dio", Il Manifesto, 11 settembre 2007.
[2] Filippo Gentiloni, "L'urgenza del laico", Il Manifesto, 3 gennaio 2008.


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