giovedì 17 aprile 2008

La Terza Repubblica

Berlusconi trionfa sia alla Camera sia al Senato e torna a Palazzo Chigi. Gli effetti dell’exploit elettorale della Lega. Veltroni vince la campagna elettorale, ma perde al verdetto popolare. Scompare la sinistra storica e si svolta a destra. Cosa pensa la stampa estera. E nel futuro, si vedranno quelle grandi riforme di cui l’Italia ha bisogno?

1) Terremoto elettorale: la svolta a destra

In quella che per molto tempo verrà ricordata come una tornata elettorale ‘storica’, stravince Silvio Berlusconi, conquistando un’ampia maggioranza sia dov’era prevedibile (alla Camera) sia dove la partita sembrava essere più complicata (al Senato). Una tornata elettorale ‘storica’ perché registra due clamorosi elementi di novità mai accaduti prima: una semplificazione estrema dei partiti rappresentati in Parlamento e la scomparsa dalle aule della sinistra radicale erede del pensiero comunista. Uno spostamento massiccio e inequivocabile dei consensi verso destra, oltre ad un abbattimento delle parti estreme tale da far ritenere ad alcuni che Lega ed Italia dei Valori siano da considerare come le nuove “ali radicali” del neoeletto potere legislativo.
A conti fatti, quella che possiamo considerare la Terza Repubblica nasce oggi esattamente com'era nata la Seconda, quattordici anni fa: una vittoria netta e indiscutibile di Silvio Berlusconi. La storia politica della nazione si compie così, con un moto perfettamente circolare, e l'eterna transizione italiana riparte dall'eterna rigenerazione berlusconiana. Dopo quattro travagliatissime legislature si ritorna al punto di partenza. Il Cavaliere si riprende l'Italia. Sarà vecchio, sarà spompato, sarà unfit, ma la maggioranza degli italiani ha deciso di riconsegnargli comunque le chiavi del governo, sanando per la terza volta - con la legittimazione di un voto che equivale ancora una volta a un condono - le sue inadeguatezze, i suoi conflitti di interesse, le sue traversie giudiziarie. Il verdetto del popolo sovrano, piaccia o no, in democrazia è l'unica cosa che conta.
Dal punto di vista ‘sistemico’, queste elezioni rivoluzionano la geografia politica nazionale, segnano un deciso passo avanti verso un bipartitismo di stampo più europeo e gettano le basi per una conseguente modernizzazione istituzionale. Il prezzo di questa forte polarizzazione dei consensi è la polverizzazione delle ‘terze forze’ e la desertificazione delle istanze rappresentate in Parlamento: alla camera si salva appena l'Udc, ma spariscono la Destra, la Sinistra arcobaleno, i socialisti, mentre al Senato, di fatto, avranno accesso solo quattro gruppi parlamentari: Pdl, Pd, Lega e Udc. Un esito che, nell’ambito di una forma di governo che vede nell’assemblea rappresentativa il suo centro di gravità costituzionale, può generare un impoverimento della dialettica democratica (fino a far riaccendere una extra-parlamentarizzazione del conflitto sociale), ma che, per alcuni, rappresenta di sicuro una grande occasione perché aiuta la governabilità politica e l'efficienza legislativa.

2) No, non si può fare

Berlusconi ha perso la campagna elettorale, ma ha vinto le elezioni (al contrario del 2006). Secondo una felice definizione, il Cavaliere non è più ‘il nuovo che avanza’, ma semmai ‘il vecchio avanzato’. Eppure si conferma il più magnetico catalizzatore dei sogni della nazione, il più carismatico affabulatore dei suoi bisogni: rappresenta il campione di un'Italia populista, insofferente alle regole e diffidente nelle istituzioni, il videocrate che riduce l'etica ad estetica, che vive la politica come opportunità e non come responsabilità.
Ora vedremo cosa succede. Molti ipotizzano un colpo di coda della Lega sulla questione del federalismo o dell'immigrazione (cosa che potrebbe creare problemi anche con Bruxelles) come avvenne nel 1994 nel primo governo Berlusconi. Del resto, in quell'occasione Massimo d'Alema ebbe buon gioco ad affermare che "la Lega è naturalmente una costola della sinistra", senza per altro avere torto, visto che ormai i lavoratori e gli operai votano Bossi. Ma è anche vero che la Lega ha una capacità tutta sua di attrarre consenso, dal momento che non si iscrive nel classico asse destra-sinistra, ma in quello centro-periferia, incarnando l'insofferenza dell'ente periferico di fronte all'autorità centrale. Se è vero, quindi, che con i senatori il Carroccio tiene in ostaggio la coalizione, mai come stavolta il Cavaliere ha molto da offrire in cambio della sua fedeltà per un'intera legislatura: dalla presidenza di Palazzo Madama alla poltrona da vicepremier unico, da un altro ministero per le Riforme alla poltrona di governatore della Lombardia, che nell'immaginario delle camice verdi trasformerebbe finalmente la "Madre Padania" da mito virtuale a luogo reale, il Nord del Senatur.
Veltroni ha vinto la campagna elettorale, ma ha perso le elezioni. Il bilancio del Pd ha indubbiamente più di una posta al passivo. La costituzione del nuovo partito, aprendo a scenari completamente diversi, ha di fatto indebolito il governo Prodi contribuendo nella definitiva caduta; presentarsi da solo (o comunque senza una parte importante della sinistra) secondo alcuni ha finito per consegnare l’Italia saldamente nelle mani di Berlusconi; e, in ultima analisi, con gli appelli al voto utile ha dato il colpo mortale ad una sinistra radicale già in evidente affanno. Veltroni ha probabilmente pagato una rincorsa troppo breve e una strategia eccessivamente ritagliata sul modello ‘one man show’ (il terreno di Berlusconi, per intenderci), oltre ai suoi messaggi generali nell’illustrare un programma pieno di promesse.
Ma per il Pd le poste all'attivo valgono forse anche di più. Dalle elezioni esce come il primo grande partito riformista della storia del paese, forte di uno zoccolo duro che sembra quantificabile in un 35% dell’elettorato. Per cui, al di là del responso dell'urna, va dato pieno merito al Pd di aver impresso una svolta al sistema grazie alla disaggregazione delle vecchie alleanze e la riaggregazione dei nuovi partiti: il Paese ritorna sui binari di un solido bipolarismo, dopo il deragliamento neo-proporzionalista prodotto due anni fa dal "porcellum" e per la quarta volta in cinque elezioni cambia lo schieramento al governo, elemento che rafforza il meccanismo dell'alternanza.

3) Sinistra extraparlamentare

Per la prima volta nella storia, dopo la fine della dittatura fascista, il Parlamento italiano non avrà tra i suoi banchi, dove anche la nascita della Costituzione venne salutata da un gruppo di camicie rosse, un solo 'rosso'. Dopo appena 60 anni da quando un comunista, Umberto Terracini, firmava la Carta costituzionale della neonata repubblica, e per la prima volta da quando il fascismo li aveva messi fuorilegge, nel Parlamento italiano non siederanno né comunisti, né socialisti. Come ha scritto Edmondo Berselli su La Repubblica, “Probabilmente siamo davanti al più brutale processo di razionalizzazione politica che si sia mai visto in Italia. Sparisce dal Parlamento un cartello elettorale, la Sinistra Arcobaleno, che riuniva partiti capaci in astratto, ma anche per storia politica alle spalle, di superare il dieci per cento. La sinistra anticapitalista si trova ai margini della politica, fuori dal gioco, esclusa dal circuito istituzionale. È di nuovo una sinistra extraparlamentare”.
Ma una seppur drastica semplificazione dello spettro politico non può, da sola, bastare a spiegare un evento tanto inatteso. Hanno avuto un peso rilevante i continui ‘no’ opposti alle maggioranze, la mentalità della classe dirigente ancora troppo ancorata ad un’idea vecchia della politica, l’elevato astensionismo. Ancora, è da considerare il comportamento degli elettori di sinistra – evidentemente sacrificatisi sull’altare del voto utile – che, come ha fatto notare Andrea di Nicola su La Repubblica, “pur di non beccarsi Berlusconi hanno preferito ‘turarsi il naso’ e votare Veltroni”. Senza contare la perdita di elettorato in aree chiave (come ad esempio operai e lavoratori dell’Emilia Romagna e in generale del nord) a favore della Lega, rimproverata da Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera al movimento dell’ex presidente della Camera.
Quel che appare certo, è la necessità di una ristrutturazione profonda della sinistra italiana in chiave più moderna e pragmatica, meno ostruzionista e più collaborativa, rivolta alla ricerca di una nuova dimensione che sappia dare voce ad una parte consistente del paese che crede nell’opportunità di una società più giusta ed equilibrata.

4) Visti da fuori

FRANCIA – Per Libération “l’Italia è alla mercè di Berlusconi. Le elezioni legislative consacrano il ritorno in carica del Cavaliere. Ma ormai, di fronte a lui, i democratici di Walter Veltroni sembrano un avversario di peso, capace di incarnare un’alternativa credibile”, mentre secondo Le Figaro, "Berlusconi è sopravvissuto ai magistrati, ai fracassi in economia e anche al ridicolo, ed è sempre più il dominatore incontrastato del suo schieramento. La sconfitta del 2006 sembrava la fine della sua corsa ma gli ha messo la voglia di rivincita". Le Monde è uno dei pochi a notare il tonfo della Sinistra Arcobaleno: "La sinistra radicale, vittima della semplificazione e del voto utile come tutti gli altri partitini italiani, non aveva mai conosciuto una sconfitta così dura da inquietare persino i suoi avversari. Pier Ferdinando Casini si è detto infatti preoccupato che una parte del paese non sia più rappresentata in parlamento. Questo scrutinio potrebbe portare alla fine un cambiamento. Anche se la destra si presenta dietro un redivivo, nella persona di un Berlusconi rinvigorito dalla prospettiva di una nuova vittoria, il paesaggio politico italiano sta mutando. Sotto la direzione di Veltroni la sinistra democratica si è riunita senza immischiarsi con alleati tra le diverse creature prodotte dai reduci del comunismo. Questo rifiuto gli è forse costato il potere, ma può far progredire il bipartitismo in un paese celebre per le sue coalizioni contraddittorie e effimere”.
SPAGNA - "Silvio Berlusconi torna al potere, e con una maggioranza sufficiente a non fare la fine dell’ultimo governo Prodi", scrive El País, secondo il quale "il leader della destra ha ormai 71 anni e tre governi sulle spalle. Sarebbe consolatorio pensare che questo lo convincerà a non riproporre i suoi sforzi per salvare dal carcere sé e i suoi amici e mantenere i suoi privilegi". Per El Mundo "la sinistra ha pagato le sue divisioni e la pochezza dei suoi risultati al governo. Veltroni ha raccolto un risultato dignitoso, ma il suo azzardo di correre da solo lo ha condannato alla sconfitta e ha cancellato la sinistra radicale […] Veltroni, leader di un partito che si presentava per la prima volta alle elezioni generali, ha sottolineato che il risultato ottenuto è «molto importante» e ha ricordato che lo scorso settembre la differenza con il Popolo della libertà era di 22 punti. Ha parlato di una «gran rimonta» che gli permetterà di portare in Parlamento «la maggior forza riformista mai avuta in Italia». Tra le vittime del trionfo di Berlusconi c’è invece il presidente della Camera Bertinotti. In una decisione che ricorda, in Spagna, le dimissioni comunicate alla base dal leader di Izquierda Unida Gaspar Llamazares, Bertinotti ha annunciato che abbandonerà la guida della coalizione”. Secondo La Vanguardia, questo scrutinio in Italia presenta tre novità: 1) Il voto va ai partiti e non alle coalizioni: Veltroni ha preso la decisione intrepida di correre da solo e gli altri hanno dovuto adattarsi per non apparire “vecchi”; 2) dal nuovo governo dipenderà il futuro del Paese. Dovrà affrontare una crisi senza precedenti, per il problema della povertà, della casa, dell’inadeguatezza dei trasporti pubblici, del cattivo andamento dell’economia a causa del comportamento delle corporazioni e della mancanza di meritocrazia. Ma nessuno di questi temi è stato veramente affrontato in campagna elettorale; 3) queste elezioni sono anticostituzionali, perché 350.000 cittadini hanno chiesto un referendum per cambiare la legge elettorale e hanno ottenuto che si tenesse ad aprile, ma la crisi politica lo hanno rimandato a data da destinarsi.
GRAN BRETAGNA - Il Guardian parla di scarso entusiasmo generale: "Berlusconi ha preso il potere senza le aspettative che hanno accompagnato i suoi precedenti mandati. Forse un giorno i problemi dell'Italia diventeranno così evidenti che destra e sinistra saranno costrette a formare una coalizione per affrontarli […] Il futuro di Alitalia diventerà più chiaro con Berlusconi primo ministro. La compagnia aerea perde un milione di euro dei contribuenti al giorno e da questa settimana riprenderanno i negoziati per il suo acquisto da parte di Air France/Klm. Il miliardario re dei media si è sempre opposto a questa operazione e adesso ci svelerà se c’è una soluzione italiana”. Sull’Independent, l’economista della Jp Morgan Silvia Pepino descrive i problemi italiani come “di lungo corso e ben radicati, che difficilmente si risolveranno dopo le elezioni, indipendentemente dal vincitore […] La morale dei cittadini è minata dalla crisi della spazzatura a Napoli come dall’affare Alitalia e dallo scandalo mozzarella. La crescita economica stimata dal Fondo monetario è dello 0,3% e il debito pubblico è al terzo posto tra i più alti del mondo. Berlusconi, che domina i media italiani, ha promesso di eliminare il debito, tagliare le tasse e far fuori il crimine. L’analista politico D’Alimonte ha dichiarato alla televisione che queste elezioni rendono l’Italia un paese normale, perché adesso ci sono due partiti che da soli rappresentano il 70% degli italiani”.
ALTRI - Il New York Times (Usa) si chiede "se gli italiani abbiano votato Berlusconi per fiducia o come il minore dei mali, dopo due anni d’immobilismo del frammentato centrosinistra. In un momento di bassa autostima nazionale l'Italia ha scelto un uomo le cui commedie, gli scandali e i capelli sempre più folti funzionano davanti alle telecamere". Sueddeutsche Zaitung (Germania) sottolinea che “Finalmente due partiti popolari sembrano aver stabilito il loro potere in Italia, rinnovando il panorama di divisione partitica che contraddistingueva il Paese. Gli analisti considerano il rinnovo del sistema un buon risultato. L’Italia soffre soprattutto per la crisi internazionale dell’economia, cattive infrastrutture, lentezza della burocrazia. Veltroni ha subito offerto al vincitore la sua disponibilità a collaborare per le riforme elettorali e costituzionali”. Le Soir (Belgio) non ha mezzi termini: “La destra è tornata a Roma. I grandi perdenti sono i piccoli partiti che hanno snobbato le alleanza. L’Udc, che ha abbandonato la coalizione di Berlusconi di cui aveva fatto parte dall’inizio della sua storia, ma soprattutto la Sinistra arcobaleno che aveva partecipato al governo Prodi (paralizzandolo regolarmente) e di cui Veltroni ha preferito sbarazzarsi”. Kathimerini (Grecia) va oltre: “Il leader della destra italiana ha annunciato la sua vittoria sottolineando che l’Italia va incontro a mesi molto difficili. Bertinotti, leader della Sinistra arcobaleno, ha annunciato le sue dimissioni dopo un clamoroso fallimento: «Il mio ruolo di guida finisce questa sera, anche se continuerò nella mia attività politica». Il presidente della Camera ha aggiunto che «la grandezza della sconfitta era imprevedibile. Adesso tutti i soggetti della sinistra italiana devono partecipare a una redefinizione»”. Infine, Gazeta Wyborcza (Polonia) fa un po’ di ironia: “Tifoso di calcio, miliardario e magnate delle televisioni, Berlusconi ha vinto contro i politici intellettuali. La mancanza di grandi differenze tra i programmi dei due principali schieramenti ha fatto sì che gli italiani abbiano scelto Berlusconi ma anche dimostrato stima al rivale Veltroni. Il leader del Pdl consigliava alle giovani precarie di sposare suo figlio, ma gli italiani sperano che con lui avverrà un miracolo economico”.

5) E ora, inciucio o riforme?

Tra le armi che Berlusconi ha utilizzato in questa campagna elettorale non ho menzionato il suo smisurato potere mediatico, dovuto alle sue televisioni, alle sue testate e a quella rete complessiva di controllo e indirizzamento del consenso di cui è proprietario. Si lo so, sono cose che vengono dette da anni. E poi ormai ha vinto, quindi 'amen'. Ora il governo seguirà l'iter costituzionale e il candidato in pectore diverrà il primo ministro. Ma la maggior parte delle persone normali si chiederanno: cosa accadrà adesso? Personalmente spero di non dover vedere 5 anni in cui repressione dei diritti civili, inasprimento normativo, aumento di una cultura xenofoba e perseguimento di un consumismo sfrenato la facciano da padrone. Berlusconi ha una maggioranza più che solida e i numeri a sua disposizione autorizzano la previsione di un governo di legislatura. La domanda cruciale è se sarà anche una legislatura costituente, come servirebbe al Paese. Le prime mosse del Cavaliere sembrerebbero concilianti: parla di riforme condivise, ipotizza la riesumazione della Bicamerale, si dichiara diverso dal premier che vinse nel 2001, dice di volersi consegnare alla storia come statista. Salvo poi, ovviamente, affermare che non sarà data all'opposizione la presidenza di nessuna delle due camere e sostenere, contrariamente alle laute promesse di pochi giorni prima, che quelli che verranno saranno "giorni duri". Nella sua terza reincarnazione, l'unto del Signore sembra voler impersonare l'idea di un populismo morbido, di un bipolarismo mite. Staremo a vedere se dal cilindro uscirà l'ennesimo bluff...


APPROFONDIMENTI:

- Repubblica tv, filo diretto con Eugenio Scalfari;
-
Videocommento di Ezio Mauro;
-
Beppe Grillo, Perché non voto – Firme, Internazionale;
- vignette;
- blog: in Europa.

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